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La salubrità degli ambienti chiusi è legata anche alla temperatura, all’umidità e alla qualità dell’aria (e dei muri). Se per i primi due si può stabilire una forbice di valori di gradi centigradi e di umidità relativa ottimali, ben più difficile è dare una definizione di “qualità dell’aria interna” (IAQ – Indoor Air Quality), in quanto si tratta di “un insieme correlato di diversi fattori (percentuale di ossigeno e di anidride carbonica, inquinamento indoor, ricambi orari).
L’inquinamento dell’aria degli ambienti chiusi non si limita a quello biologico, prodotto dall’attività metabolica dalle persone e degli animali; a esso vanno aggiunti quello chimico, dovuto alle sostanze contenute nei materiali edili e negli arredi, quello fisico, causato dalla presenza di radiazioni ionizzanti e non, quello prodotto dalla combustione e – spesso trascurato – quello conseguente all’umidità.
In generale, gli inquinanti sono presenti nell’aria di casa in concentrazioni tali che, pur non determinando conseguenze acute immediate, sono tuttavia causa di effetti negativi sul benessere e sulla salute perché prolungato è il tempo di esposizione a essi. Anche a basse concentrazioni, infatti, essi possono provocare nel tempo problemi di salute delle persone più vulnerabili, che sono quelle che trascorrono più tempo negli ambienti chiusi: bambini, donne in gravidanza, persone anziane o con malattie croniche.
Conosciamo gli inquinanti indoor
- VOC (composti organici volatili): benzene, toluene, formaldeide, composti ossigenati. Sono presenti nei prodotti per la pulizia domestica, nei materiali da costruzione e negli arredi.
- Gas prodotti dalla combustione,in particolare monossido di carbonio, che si crea per effetto dell’errata combustione (talvolta nei sistemi di riscaldamento).
- Particolato aerodisperso (PM) dovuto a tutti gli apparati di combustione, al fumo di tabacco e all’aria inquinata proveniente dall’esterno.
- Batteri, muffe e da altri organismi.
- Derivati organici di animali e dell’uomo.
- Amianto.
- Radon: gas radioattivo presente in natura, prevalentemente nel terreno
La frequenza di alcune patologie è spesso imputabile ai fenomeni di urbanizzazione, ma anche alla crescente tendenza a vivere per gran parte del tempo in ambienti chiusi, scarsamente ventilati, con elevati livelli di inquinanti indoor e microclima caldo-umido.
I muri devono traspirare
L’umidità interna va espulsa. Diversi studi hanno dimostrato quanto sia bassa la percentuale smaltita attraverso le pareti, rispetto a tutta quella prodotta negli ambienti domestici. Ma nonostante questo, la traspirazione dell’involucro edilizio rimane una caratteristica fondamentale. Da non confondere con la “respirazione”, un equivoco da chiarire.
Un materiale traspirante permette il naturale passaggio dell’umidità: in inverno verso l’esterno, in estate verso l’interno – favorendo lo smaltimento dell’eventuale umidità accumulata nella stagione fredda. È questa la condizione ottimale che le pareti di casa dovrebbero garantire. Grazie al materiale con cui sono realizzate e, soprattutto, alle finiture che le ricoprono all’interno e all’esterno.
Il potere traspirante dei muri determina quindi, oltre a un migliore microclima indoor, anche una maggiore durata (in questo caso della struttura dell’edificio), in quanto l’acqua che verrebbe a formarsi in prossimità della superficie del materiale, lo renderebbe soggetto a maggiori sbalzi termici e più facilmente deteriorabile. La formazione di condensa sulle superfici e all’interno dei materiali è infatti una delle cause principali del degrado degli edifici, oltre che del malsano clima indoor. Tanto più un materiale possiede una elevata capacità di diffusione al vapore, quanto più bassa è la possibilità che si crei condensa sulla sua superficie, assicurando un grado di isolamento costante.
La traspirazione dell’involucro edilizio permette anche un efficace isolamento termico: infatti l’aria in condizioni stagnanti (cioè in assenza di convezione) è un buon isolante termico e acustico, ma perderebbe queste sue proprietà in presenza di acqua liquida, che invece presenta un elevato coefficiente di scambio termico. Un alto potere traspirante della muratura, infine, favorisce il ricircolo di ossigeno tra l’ambiente esterno e quello interno.
Per traspirabilità si intende la capacità di un materiale di essere attraversato dall’aria umida.
È in genere correlata alla porosità del materiale ed è accompagnata da altre due importanti proprietà: l’igroscopicità, ovvero la velocità di assorbimento della condensa da parte di un materiale, e la capillarità, che permette alla condensa di distribuirsi velocemente e uniformemente all’interno di un materiale, evitando il suo accumularsi in una sola zona, bagnandola.
Prodotti per i muri – Per l’esterno
All’interno: le condizioni ottimali
Benessere microclimatico e comfort indoor si riferiscono alla condizione ambientale in cui l’aria interna viene percepita come ottimale grazie a determinate proprietà fisiche (temperatura, umidità, ventilazione) e ad altre chimiche (aria “pulita” o “fresca”). La tabella illustra i relativi valori:
Prodotti per i muri – Per l’interno
Materiali a confronto
Il coefficiente di resistenza al passaggio del vapore μ indica quante volte il materiale è meno traspirante rispetto all’aria (a parità di spessore e di condizioni termiche):
aria (in condizioni stazionarie) 1
intonaco di gesso 7
malta di calce naturale 5 – 10
muratura di mattoni 10 – 15
malta di cemento 18 – 35
cemento armato 35 – 70
polistirene espanso (EPS) 80 – 300
Cappotto termico, sì o no?
Spesso si sente parlare di muri che “respirano”: una situazione che crea confusione e trae in inganno quanti stanno valutando la possibilità di aggiungere all’edificio il cappotto termico, la migliore soluzione al problema “dispersione di calore”, in quanto fornisce uno schermo totale.
• Proviamo a chiarire: la casa non deve avere punti critici, perché è attraverso questi che viene dispersa gran parte dell’energia termica prodotta (calore), ma deve poter smaltire il vapore accumulato all’interno, anche se attraverso la traspirazione dei muri si riesce a espellere solo circa il 2% dell’umidità e la restante quantità va comunque eliminata tramite espulsione diretta (attraverso le finestre).
• Ma il cappotto termico rimane una scelta vincente: sarà il tecnico progettista a valutare caso per caso come realizzarlo e, come spesso succede, a differenziare l’isolante secondo il punto di applicazione. Solitamente, infatti, per la parte inferiore della facciata (che è a contatto con il terreno e a rischio di acqua di risalita) si opta per materiali idrofughi che sono, è vero, a bassa traspirabilità, mentre per la restante parte si usano quelli ad alta traspirabilità.
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