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Bisogna arieggiare gli ambienti! Il microclima interno, infatti, è influenzato dalla ventilazione degli ambienti e dai ricambi d’aria (fondamentali per ridurre le percentuali di CO2 e di umidità relativa), ma incidono sul bilancio energetico della casa. È necessario quindi rinnovare l’aria, facendo arieggiare gli ambienti, senza disperdere energia. Vediamo come si può.
Garantire il ricambio controllato dell’aria interna. I sistemi per arieggiare sono TRE
- per infiltrazione naturale, cioè attraverso l’apertura delle finestre.
- con scambi d’aria che avvengono mediante moti naturali (effetto camino).
- attraverso la ventilazione artificiale (ventilazione meccanica controllata – VMC).
1. Aprire le finestre, arieggiare e fare “corrente” (semplice da attuare)
Ma calandoci nella quotidianità, interessa sapere che per rinnovare l’aria con efficacia nelle stanze e senza disperdere calore (o fresco quando è estate) è sufficiente arieggiare tenendo aperte tutte le finestre per 3/4 minuti, in modo che nella casa si crei “corrente d’aria”, preferibilmente nelle ore in cui l’impianto di riscaldamento (o raffrescamento) non è in funzione, per esempio al mattino presto. Questo metodo equivale all’incirca all’apertura parziale delle finestre per tre ore consecutive (e le dispersioni sarebbe davvero molto onerose). Arieggiare creando corrente, invece, permette di sfruttare i moti convettivi dell’aria: quando due masse d’aria hanno temperature differenti, anche le loro densità e pressioni sono diverse e questo dà origine a un movimento dell’aria dalla zona a più alta densità, ovvero la più fredda, verso quella a densità più bassa, la più calda. Nelle situazioni in cui l’aria interna dell’edificio sia più calda di quella esterna e si voglia raffrescare, la ventilazione trasversale è efficace per introdurre aria più fresca all’interno ed espellere quella calda.
Esistono serramenti evoluti” che permettono di arieggiare: integrano già un sistema per la ventilazione costante e non richiedono l’installazione di un impianto o altro.
Ve ne sono di diversi tipi, secondo la tecnologia utilizzata e il produttore.
Direttamente dal vetro
Arieggiare con facilità. Esiste una vetrocamera con tripla lastra che prevede un elemento schermante nell’intercapedine esterna e la possibilità di ventilare meccanicamente la camera interna tramite una ventola tangenziale. È disponibile anche nella versione doppio vetro coadiuvato da tenda tecnica microforata. Inseribile in telai tradizionali senza apportarvi alcuna modifica, ha spessore di 50 mm nel primo caso e di 25 mm nel secondo. Funziona in questo modo:
• con la ventola motorizzata (gestita da sensori) l’aria interna viene prelevata dalla parte inferiore e immessa nella camera ventilata (fra vetro e tenda); qui sospinge quella riscaldata dall’irraggiamento solare che, alla sua massima temperatura, viene espulsa dalla ventola. In estate l’aria sarà espulsa direttamente all’esterno dell’edificio, in inverno verrà reimmessa nell’ambiente, e così si risparmia sull’utilizzo della climatizzazione.
• In caso di mancanza di irraggiamento solare il sistema si arresta, ma può essere riattivato come ricambio aria.
2. Arieggiare grazie all’effetto camino (dipende dalla struttura della casa)
Il camino presta il nome a un fenomeno noto nell’architettura bioclimatica come “effetto camino”, connesso alla ventilazione naturale di un edificio e alla possibilità di arieggiare gli ambienti. Alcune parti di esso (il vano scala, la canna fumaria, i lucernari in copertura) si prestano a essere progettate e realizzate in modo tale da assimilare il proprio comportamento a grandi camini.
Innescano cioè moti convettivi e ascensionali dell’aria, dovuti alle differenze di temperatura e pressione che si riscontrano ad altezze differenti: l’aria riscaldata si dilata proporzionalmente all’incremento della temperatura, con conseguente diminuzione del peso specifico e aumento della sua tendenza a orientarsi verso l’alto (salire).
In alcuni casi, se la struttura della casa lo permette, si possono ricreare queste condizioni anche con una ristrutturazione.
3. Metodo meccanico per arieggiare (con un impianto che si può aggiungere)
In tema di risparmio energetico sono stati sviluppati sistemi di ventilazione meccanica controllata che permettono di arieggiare senza aprire le finestre: estraggono l’aria esausta dagli ambienti, ne recuperano il calore e lo cedono all’aria di rinnovo prelevata dall’esterno e immessa indoor.
Tali sistemi sono oggi indispensabili negli edifici e nelle unità immobiliari appartenenti alle classi più performanti della classificazione energetica. Nelle costruzioni di nuova generazione, con l’involucro superprotetto, è spesso grazie a questi sistemi che viene garantito il rinnovo d’aria richiesto dalla legge. Un metodo diverso per arieggiare.
Grazie al recupero del calore dell’aria dismessa, si riduce il dispendio energetico (ed economico) necessario a ripristinare le condizioni di comfort dell’aria di rinnovo. La ventilazione meccanica controllata si pone come una valida soluzione non soltanto dal punto di vista energetico, ma anche per la concentrazione di inquinanti nell’aria, poiché fornisce in modo costante aria pulita ai locali, diluendo e rimuovendo gli inquinanti, creando in sintesi le condizioni per un ambiente sano e confortevole.
Il relativo impianto può essere definito come un vero e proprio polmone artificiale dell’ambiente indoor. Integrato con la struttura edilizia – esistente o di nuova costruzione – forma un unico sistema edificio-impianto, quasi del tutto invisibile all’occhio, ma estremamente flessibile alle condizioni degli ambienti e alle attività che vi si svolgono.
Con una doppia intercapedine (arieggiare l’edificio)
Una lamina d’aria sulla sommità e alla base dell’edificio isola e protegge. Praticamente è come se si facesse arieggiare l’intera costruzione. Favorisce lo scambio tra interni ed esterno, con vantaggi riscontrabili sulla qualità del microclima indoor. In più preserva la struttura da un rapido degrado.
Nel tetto
L’assetto normativo italiano in materia di certificazione energetica degli edifici (D.Lgs 311/06) impone scelte progettuali e costruttive precise e in quest’ottica deve essere alta l’attenzione all’isolamento, all’impermeabilizzazione e alla ventilazione delle abitazioni e – cosa a cui prima non si pensava – della copertura, sia nelle nuove costruzioni sia nelle ristrutturazioni.
La copertura di un edificio è un sistema complesso di elementi e strati, connessi e collaboranti tra loro, ciascuno con propria funzione, ma che insieme concorrono a determinare il comportamento globale del tetto. Questo, nel suo complesso, deve fornire precise prestazioni in base alle azioni esterne cui è esposto e sottoposto: impermeabilità all’acqua, isolamento termico, resistenza al vento, resistenza statica e comportamento igrometrico.
La norma UNI 8089 “Terminologia funzionale delle coperture” ne elenca e dettaglia i componenti, che vengono definiti in base alle funzioni svolte e suddivisi in primari (elemento di tenuta, elemento termoisolante, elemento portante) e complementari (elementi di collegamento, di supporto, strato di barriera al vapore, strato di ventilazione). Tale classificazione tecnica, irrilevante ai più, è importante per comprendere come la presenza o meno di alcune parti porti a un diverso tipo di funzionamento del tetto, con performance differenti. Oggi la tipologia di tetto che offre le migliori prestazioni dal punto di vista della tenuta termica e dello smaltimento del vapore in eccesso è quella ventilata. Una copertura è definita ventilata quando nella successione degli strati funzionali ne viene inserito uno costituito da una intercapedine di ventilazione (che serve ad arieggiare il tetto). Questa è collocata tra l’isolamento termico e il manto di copertura. Di norma le aperture di ingresso e uscita dell’aria vengono localizzate rispettivamente alla gronda e al colmo. L’intercapedine deve avere un adeguato spessore in rapporto allo sviluppo complessivo della copertura ed essere messa in diretto contatto con l’ambiente esterno. Non viene considerata come ventilata una copertura realizzata con sistemi discontinui e in cui sia presente solamente la microventilazione sottotegola, funzione diversa ottenuta con listelli distanziatori per le tegole (norma UNI 8627).
Quando è consigliata
La ventilazione in copertura (tetto ventilato) è particolarmente indicata quando si ha la necessità di:
• asportare parte dell’energia termica dovuta all’irradiazione solare incidente sul tetto. Tale effetto risulta essere particolarmente vantaggioso durante la stagione estiva. Di norma la capacità di asportare l’energia incidente cresce all’aumentare dello spessore dell’intercapedine ventilante, fino ad assestarsi intorno a un valore costante al di sopra dei 15 cm di spessore. Si considera come ottimale un valore di almeno 7 cm di spessore. La portata d’aria attraverso l’intercapedine, che si traduce nell’effetto benefico di riduzione dei carichi termici estivi, dipende, oltre che da dimensioni e forma dell’intercapedine, anche dalla velocità dell’aria all’interno della stessa;
• smaltire verso l’esterno il vapore acqueo contenuto all’interno degli ambienti sottostanti la copertura. In questo modo è possibile evitare la formazione di condensa e il ristagno di umidità in corrispondenza dell’isolante o della struttura. L’effetto si rivela vantaggioso soprattutto durante la stagione invernale. E, inoltre, determina una maggiore durata nel tempo e una costante efficienza del tetto.
Sotto l’edificio (arieggiare alla base)
Nelle nuove costruzioni e nei recuperi di edifici esistenti (in particolare di quelli ex rurali) viene realizzato il vespaio aerato: un vuoto sotto la costruzione che ha lo scopo di separare questa (o meglio il suo primo solaio) dal terreno, in modo da migliorare l’ambiente abitativo dal punto di vista termoigrometrico. Ma anche per proteggere da eventuali esalazioni del terreno (come quelle di gas radon), dall’umidità di risalita o da altre contaminazioni. Un sistema, quindi, per arieggiare l’edificio alla base.
In passato si usava, e talvolta si usa tuttora nell’edilizia tradizionale, costruire il vespaio con ghiaia e ciottoli e appoggiare sopra questo il successivo basamento dell’edificio. Ma una delle soluzioni tecniche più utilizzate oggi per realizzare la ventilazione del solaio di terra è il vespaio con casseri a perdere in plastica a forma di cupola, sui quali viene gettata una soletta in calcestruzzo armato – di spessore variabile in funzione dei carichi ai quali è sottoposta – al di sopra della quale è possibile posizionare una coibentazione per l’isolamento termico. Recentemente sono stati sviluppate anche cupole in EPS che fungono contemporaneamente da sostegno e da isolamento. Quest’ultima tipologia trova applicazione anche nell’ambito delle ristrutturazioni: sono state studiate soluzioni a basso spessore che permettono di essere montate sui solai esistenti e che vengono inserite direttamente dall’interno delle abitazioni. È necessario poi rialzare la quota di calpestio in casa.