Contenuti trattati
Anche se il sistema di riscaldamento autonomo dovrà essere spento a breve (come del resto quelli centralizzati), l’attenzione sul risparmio energetico e sull’opportunità di rinnovare l’impianto deve restare alta. A partire dalla caldaia, da sostituire con un nuovo modello ad alta efficienza e a basse emissioni, che si traduce in bollette più leggere e in un minore inquinamento. E dai radiatori, che oltre a essere ormai elementi di design esteticamente curati, sono realizzati con materiali (soprattutto alluminio e acciaio) e tecnologie che consentono di potenziare i vantaggi prodotti proprio dalle caldaie di nuova generazione e dagli impianti a bassa temperatura.
Da sapere:
Con il Dpr 551/1999 (e succ. Dlgs 192/2005) è stato istituito il catasto degli impianti termici, una banca dati che ha lo scopo di fotografare la situazione delle caldaie attive, della loro efficienza e del rispetto della normative, anche per pianificare politiche adeguate al rinnovo del parco esistente. Non è però ancora attivo in tutte le Regioni.
LE NUOVE CALDAIE: EFFICIENTI E GREEN
Quanto può contribuire all’abbattimento delle emissioni di CO2 in atmosfera la sostituzione delle vecchie caldaie con apparecchi ad alta efficienza? Molto, se si pensa che sono oltre 19 milioni gli apparecchi in funzione in Italia: circa il 70% è di tipo tradizionale, a bassa efficienza, di cui 7 milioni sono ormai obsoleti, quindi a bassissima efficienza e con emissioni significative di CO2. Solo sostituendo queste ultime con moderne caldaie a condensazione, si potrebbero ridurre le emissioni di CO2 di 5.908 kt/anno, pari al 7% delle emissioni di gas serra del settore residenziale, mentre ogni famiglia potrebbe godere di un risparmio in bolletta tra il 20 e il 25%.
Un esempio concreto
Una famiglia del Nord Italia che vive in una casa di 120 mq, passando dalla tradizionale caldaia a camera aperta a una moderna a condensazione, potrebbe tagliare i consumi del 20%, risparmiando fino a 759 euro in un anno, e ridurre le emissioni di CO2 di 2.170 kg/anno, un quantità sufficiente a compensare le emissione annuali di un’automobile di media cilindrata.
Fonte: Elaborazione Vaillant basata su dati Assotermica, Nielsen Consumer Panel 2015 e ACEA – Associazione Costruttori Automobilistici Europei – 2015.
L’IMPIANTO DI RISCALDAMENTO AUTONOMO
Caldaia e radiatori sono gli elementi principali di un sistema complesso: la prima genera il calore, mentre i secondi hanno il compito di diffonderlo negli ambienti.
Una caldaia a gas – meglio se di nuova generazione, cioè a condensazione – inserita in un circuito con radiatori distribuiti nelle varie stanze costituisce il più comune sistema di produzione del calore all’interno delle nostre case. Che continua ad avere dei vantaggi, purché venga realizzato con criteri finalizzati al risparmio energetico, senza sovradimensionare l’impianto rispetto alle effettive necessità e assicurando un adeguato isolamento dell’abitazione. Il funzionamento è di tipo “idraulico“: il sistema si compone di tubi incassati nei muri, attraverso i quali l’acqua riscaldata dalla caldaia (o da un altro generatore di calore) raggiunge i termosifoni collocati nei vari ambienti. Due sono i principali tipi di collegamento: a collettori e monotubo.
1) CIRCUITO A COLLETTORI
Detto anche impianto a ragno, è il sistema più diffuso: un condotto della rete principale porta l’acqua calda dalla caldaia ai collettori di distribuzione e da qui, grazie a un circuito interno di collegamento diretto, ai singoli radiatori.
Vantaggi
• Si posa facilmente, grazie ai tubi di piccolo diametro.
• L’acqua è inviata contemporaneamente a tutti i termosifoni, che vanno a regime più o meno nel medesimo tempo.
• Può essere diviso a zone, con possibilità, tramite valvole termostatiche, di impostare temperature differenti.
• I terminali si scaldano tutti e bene: in questo modo non devono essere troppo grandi.
Svantaggi
• Intervento invasivo: tanti tubi, tante tracce nel muro.
2) CIRCUITO MONOTUBO
È chiamato anche ad anello, poiché dalla caldaia parte un tubo di mandata che arriva al primo radiatore, da cui parte un collegamento al secondo corpo e via di seguito, fino a connetterli tutti e a riportare infine l’acqua al generatore di calore.
Vantaggi
• L’intervento di posa dei tubi è meno invasivo che nel circuito a collettori.
• Pochi tubi e corti: garanzia di tenuta nel tempo.
Svantaggi
• L’ultimo radiatore della serie è penalizzato dalla lontananza dalla caldaia e quindi riceverà acqua di temperatura più bassa degli altri. Bisognerà quindi aumentarne la superficie di scambio termico con l’aria (in pratica, prevedere un radiatore più grande) per avere la medesima resa.
Trasportare l’acqua
In un impianto di riscaldamento non basta generare calore: occorrono anche apparecchiature che portino l’acqua calda all’intero impianto e che, nel farlo, proteggano la caldaia stessa. Due gli elementi fondamentali:
1 – la pompa elettronica a inverter: ha la funzione di distribuire l’acqua dalla caldaia ai radiatori; deve essere a portata variabile per permettere l’uso di valvole termostatiche per il contenimento dei consumi energetici.
2 – il vaso di espansione: assorbe le dilatazioni termiche dell’acqua che, riscaldandosi, aumenta di volume; se fosse racchiusa in un contenitore rigido e non flessibile, lo potrebbe rompere a causa della pressione.
Il fabbisogno termico
Indica la quantità di calore – generalmente espressa in kilowatt o kilocalorie – necessaria a un’abitazione. Tecnicamente si tratta di un bilancio tra le dispersioni e gli apporti termici. Il calcolo viene effettuato da un professionista, tenendo conto di una serie di fattori quali: ubicazione geografica, esposizione solare, grado di isolamento dell’edificio e, naturalmente, i metri cubi dei locali da riscaldare. È possibile anche usare una formula matematica (vedi esempio sotto), che offre però un valore approssimativo, per stimare quale sia la potenza necessaria a riscaldare una casa. Per ottenerla, i dati da considerare sono:
• il totale dei metri cubi da scaldare
• un coefficiente termico, che indica le calorie necessarie per ciascun metro cubo. Tale valore – che oscilla tra le 30 e le 40 kcal/mc – varia, anche in questo caso, in base alle collocazione geografica.
I coefficienti termici
Indicativamente, è possibile scegliere il coefficiente termico a seconda della zona geografica in cui si trova la casa e al suo isolamento.
• Se la località non è particolarmente fredda ed esiste un minimo di coibentazione termica, si può utilizzare il coefficiente 35. Questo può essere il caso di un’abitazione situata nel Centro-Nord Italia, escluse le zone montane.
• In una località montana senza isolamento, va scelto il coefficiente più alto: 40.
• Al Sud, dove il clima è più mite, è sufficiente applicare il valore 30.
Come calcolarle il coefficiente termico della casa
Poniamo che l’appartamento si trovi in pianura, in una zona non particolarmente fredda con un isolamento medio (coefficiente 35) e che la superficie della casa sia di 80 mq con pareti alte 3 m (quindi, moltiplicando area per altezza, si ottiene un volume di 240 mc).
Conoscendo questi dati, è ora possibile applicare la formula:
mc x coefficiente termico = Kcal necessarie
Perciò:
240 mc x 35 = 8.400 Kcal
Per trasformare questo risultato in un valore utile, ossia in kW, l’unità di misura con cui si indica la capacità di calore emanata da un generatore, si deve dividere le Kcal per 862. In questo caso:
8.400 Kcal / 862 = 9,7 Kw
Si potrà quindi considerare l’acquisto di caldaie che producano circa 9,7 – 10 kW.
LA CALDAIA
Per l’installazione il professionista abilitato dovrà valutare non solo la potenza necessaria, ma anche le condizioni dell’impianto esistente.
L’installazione e la sostituzione di una caldaia sono interventi che devono eseguire esclusivamente professionisti abilitati. Innanzitutto per motivi di sicurezza, poi perché, per legge, al termine dei lavori l’impresa deve rilasciare la dichiarazione di conformità dell’impianto (D.m. n. 37/2008), consegnare il relativo libretto (servirà soprattutto per i successivi controlli dell’apparecchio) e il risultato della prova di combustione.
Valutazioni preventive
Innanzitutto sarà necessario un sopralluogo, che verrà effettuato dall’installatore oppure – nel caso di un sistema di grandi dimensioni – anche da un termotecnico, cioè un professionista specializzato nella progettazione di impianti.
Per prima cosa controllerà che tutte le parti dell’impianto di riscaldamento autonomo siano a norma. Si comincia dalla canna fumaria, ossia il condotto da cui si espellono i fumi della combustione. Ogni caldaia deve averne uno a uso esclusivo, non condiviso con altri generatori di calore (come per esempio un camino o una stufa). Soltanto nel caso di un condominio è consentita una canna fumaria di tipo collettivo ramificata, purché sia a norma. Occorre prestare attenzione agli attacchi: se l’apparecchio da sostituire è molto vecchio, come capita in case da ristrutturare non abitate per molte decine di anni, è possibile che quelli dell’acqua fredda e calda siano invertiti rispetto a quelli fissati nel muro. Tecnicamente non è un problema: basta incrociare i tubi di gomma flessibile che li uniscono; è però indispensabile che l’idraulico se ne accorga prima di effettuare l’installazione.
Scegliere il comfort
Fatte queste valutazioni, spetta sempre all’idraulico il compito di individuare il generatore di calore ideale al tipo di abitazione, in base al genere di utilizzo. In appartamenti termoautonomi la potenza della caldaia può arrivare fino a 35 kW. Normalmente, però, per il solo riscaldamento ne sono sufficienti 10, che possono scendere a 2 kW, se la caldaia è installata in abitazioni in classe energetica A.
Non solo riscaldare
Se la caldaia deve produrre anche acqua calda sanitaria, deve avere una potenza di almeno 25 kW, che salgono a un massimo di 35 kW per consentire a più persone di usare l’acqua calda contemporaneamente in più punti dell’abitazione.
Etichetta energetica
È obbligatoria, dal 26 settembre 2015, per tutte le nuove caldaie con potenza fino a 70 kW. Distingue i prodotti, in base all’efficienza, in una scala tra A+++ e G. Due le classi: una relativa al solo riscaldamento, l’altra per la produzione di acqua calda sanitaria (ACS).
FABBISOGNO IDRICO
Di quanta acqua calda abbiamo bisogno? Domanda importante, perché dalla risposta dipenderà il tipo di apparecchio. Le caldaie a produzione istantanea di acqua calda si attivano non appena si apre un rubinetto (o una doccia), scaldando l’acqua man mano che scorre al suo interno.
Nei modelli ad accumulo, invece, l’acqua viene immagazzinata e mantenuta calda in un apposito serbatoio, di tipo integrato oppure separato (molto più capiente).
Quale scegliere
È difficile stabilire quale sia l’opzione migliore, sebbene una caldaia a produzione istantanea sia di solito sufficiente nella maggior parte delle situazioni e in particolare se:
• la famiglia è di 3 persone
• l’abitazione è di nuova costruzione (meglio coibentata di una vecchia)
• si abita su un solo piano (per la minor distanza tra il bagno e la caldaia)
• la vasca viene usata poco e non è con idromassaggio.
Nei casi contrari, può essere consigliabile la soluzione ad accumulo, soprattutto se
• la famiglia è numerosa
• si fanno molti bagni
• si aprono contemporaneamente più di due rubinetti d’acqua calda.
In questi casi è consigliabile un modello con serbatoio di almeno 45/60 litri, oppure con uno separato, di 100 litri o maggiore.
ACQUISTO E INSTALLAZIONE IMPIANTO RISCALDAMENTO AUTONOMO
In passato il modo migliore per acquistare una nuova caldaia per l‘impianto di riscaldamento autonomo era quello di rivolgersi direttamente a un idraulico abilitato all’installazione di impianti termosanitari. Oggi, invece, grazie alla sempre maggiore specializzazione dei negozi è preferibile ed economicamente più conveniente interpellare un rivenditore autorizzato, che consiglierà il modello giusto per le nostre necessità.
L’installazione, invece, dovrà sempre essere ad opera di un professionista esperto del settore, cioè un idraulico: se non se ne conosce uno di fiducia, è consigliabile chiedere al rivenditore o direttamente al produttore il tecnico più vicino.
La prima accensione
Che sia di nuova installazione o in sostituzione di un vecchio modello, la caldaia deve essere avviata sempre da un esperto. L’idraulico, dopo l’installazione, dovrà effettuare una prova di funzionamento, l’avvio, che però non corrisponde alla cosiddetta prima accensione.
• Quest’ultima, infatti, può essere eseguita in un secondo tempo soltanto da un tecnico della casa produttrice, che effettuerà negli anni a seguire le operazioni di manutenzione periodica ed eventuali riparazioni. Durante la prima accensione saranno verificati anche i parametri di combustione, da allegare al libretto matricolare: il motivo è che da questo momento scatterà anche la garanzia sulla caldaia.
• Il tecnico può essere contattato direttamente dall’idraulico che ha installato l’apparecchio oppure dal cliente stesso, non appena terminati i lavori.
LE CALDAIE PIU’ EFFICIENTI
Sono le caldaie a condensazione, che offrono alti rendimenti e minori consumi. Richiedono però una canna fumaria con precise caratteristiche.
Mentre in una caldaia tradizionale parte del calore prodotto si disperde nell’ambiente attraverso la canna fumaria, in un modello a condensazione questo viene in gran parte riutilizzato. I fumi vengono fatti condensare su uno scambiatore, che riesce a recuperare circa il 60% del calore. Quelli in uscita vengono immessi in atmosfera a temperature più basse, circa 40 °C.
• La più importante differenza con un modello di vecchia generazione è il rendimento calorico più elevato (oltre il 100%). Vantaggi: si scalda di più, si consuma meno e le bollette sono più leggere. E inoltre inquina meno, con una riduzione notevole di gas nocivi, fra cui il monossido di carbonio e gli ossidi di azoto.
A camera stagna
Nella caldaia a condensazione l’aria di combustione non è presa dall’ambiente in cui è installata, ma dall’esterno, tramite un sistema di ventole elettriche, che forza l’aria (“tiraggio forzato”) attraverso un apposito condotto.
Condizioni per l’installazione
Prima di scegliere un modello a condensazione, il professionista che effettua il sopralluogo dovrà assicurarsi che l’impianto abbia determinati requisiti.
• Il problema potrebbe darlo la canna fumaria, che deve essere a norma oppure poter essere resa tale.
• Va realizzata con materiali idonei a sopportare la condensa che i fumi tiepidi formano nel camino: acciaio con guarnizioni di tenuta alla pressione.
• Nella maggior parte delle volte, soprattutto se l’intervento riguarda un camino indipendente (come in una casa unifamiliare o in una villetta), il condotto può essere adattato, creandone uno nuovo e a norma dentro quello esistente.
• Nei condomini il più grande problema è la presenza di una canna fumaria collettiva ramificata per l’espulsione dei fumi provenienti da apparecchi tradizionali a tiraggio naturale.
Attenzione alle leggi regionali
Anche se, virtualmente, una caldaia a camera stagna – come quella a condensazione – potrebbe essere installata ovunque, esistono leggi regionali particolarmente restrittive, che ne vietano il montaggio in alcuni ambienti della casa, come i bagni e le camere da letto. Bisogna prestare molta attenzione a quest’evenienza e consultarsi con il tecnico che eseguirà l’intervento: le normative locali, infatti, condizionano il giudizio delle Asl che, a loro volta, potrebbero non concedere l’abitabilità alla casa.
Lo scarico a parete
Con il decreto legislativo n. 102 del 4 luglio 2014 sono state chiarite le norme che regolano l’eventuale scarico a parete delle caldaie a condensazione. Fermo restando che, dal 31 agosto 2013, qualsiasi installazione ha il vincolo di condurre al tetto i fumi della combustione con camini, canne fumarie e condotti di scarico, vengono consentite alcune eccezioni:
• sostituzione di una caldaia (di qualsiasi tipo) che già scaricava a parete
• sostituzione di una caldaia a camera aperta, a tiraggio naturale, che scaricava in una canna fumaria collettiva ramificata condominiale
• installazione in edifici storici o sotto tutela
• impossibilità tecnica di scaricare i fumi a tetto, asseverata da un professionista abilitato
• installazione di caldaie a condensazione in ristrutturazioni di impianti termici individuali esistenti, in stabili
plurifamiliari, se fin dall’origine non disponevano di idonei sistemi di smaltimento sopra il tetto dell’edificio
• installazione di generatori ibridi compatti, composti almeno da una caldaia a condensazione a gas e da una pompa di calore, dotati di specifica certificazione di prodotto.
Il libretto d’impianto
È la vera e propria carta d’identità della caldaia. Deve riportare, per legge, i dati del cliente, la matricola dell’apparecchio, i risultati degli interventi e delle analisi. Inoltre, vi devono essere annotati anche i risultati delle ispezioni eventualmente svolte dalla Pubblica amministrazione.
QUANDO NON SI PUO’
Dal settembre 2015, con il recepimento italiano della direttiva europea 2005/32/CE (detta Eco-Design), i costruttori di caldaie possono immettere sul mercato solo caldaie a condensazione (gli altri apparecchi potranno ancora essere venduti, fino a esaurimento delle scorte). Ma cosa fare quando l’installazione non è possibile? È il caso, come si è visto, di condomini o abitazioni plurifamiliari con una canna fumaria collettiva. Solamente in questa eventualità è possibile montare una caldaia a camera aperta, ancora prodotta unicamente per questa finalità.
Caldaia a camera aperta
Detta anche a tiraggio naturale, prevede un unico tubo di scarico fumi e funziona usando per la combustione l’ossigeno che si trova nell’ambiente. Necessita di aperture per il ricambio dell’aria e di un tubo di scarico verso l’esterno per espellere i fumi
di combustione.
REVISIONE E SICUREZZA
Se gli impianti di riscaldamento centralizzato ricadono sotto la responsabilità dell’amministratore e devono, per legge, essere controllati ogni anno, caldaie con potenza inferiore ai 35 kW, cioè tutte quelle autonome, sono sotto la diretta responsabilità del proprietario o comunque dell’inquilino (nel caso di un appartamento in affitto), che dovrà provvedere ai controlli periodici.
• Questi dovranno essere effettuati soltanto da professionisti iscritti alla Camera di Commercio e in possesso di abilitazione (come previsto dal D. M. 37/2008). Alcune Regioni hanno istituito speciali albi e catasti di manutentori autorizzati (in Lombardia c’è il Curit, www. curit.it).
La manutenzione ordinaria
Garantisce la sicurezza, la riduzione dell’inquinamento e il risparmio energetico. Deve essere eseguita da ditte abilitate (Dpr n. 74 del 2013), in conformità alle prescrizioni e con la periodicità contenute nelle istruzioni tecniche rilasciate dall’azienda (e riportate sul libretto delle istruzioni).
• Di solito, comunque, lo si fa ogni anno o due, in concomitanza con il controllo dell’efficienza energetica. Il costo della manutenzione, a seconda della società a cui ci si affida e della Regione,
va di solito dai 60 agli 80 euro.
L’efficienza e i fumi
Altra cosa è il controllo dell’efficienza energetica, quello dei fumi e del rendimento di combustione. Tali analisi sono obbligatorie e consistono nel misurare la quantità dei gas presenti nella combustione (come il monossido di carbonio), tenendo così sotto controllo la sicurezza domestica e l’ambiente.
• Quelle sulle caldaie autonome vanno effettuate ogni due anni, da tecnici specializzati indicati dall’azienda che ha costruito l’apparecchio. Per questo tipo di controllo, si possono superare i 100 euro di spesa.
Italia divisa
I sistemi domestici di impianto di riscaldamento autonomo (superiori a 10 kW e inferiori a 100 kW di potenza, a combustibile liquido o solido), devono essere controllati ogni due anni. Potrebbero però esistere regole diverse a seconda della Regione o addirittura del Comune di appartenenza: la cosa migliore, quindi, soprattutto se si abita in un Comune con più di 40 mila abitanti, è di verificare presso lo Sportello Energia del municipio l’esatta frequenza degli interventi, manutenzione ordinaria compresa.
• Anche perché sono proprio i Comuni a fare controlli a campione: se non si è in regola, chi risponde è sempre il proprietario dell’immobile.
Abbonamento oppure no?
Per evitare dimenticanze, che potrebbero essere onerose in caso di controlli a campione, si può valutare la sottoscrizione di un abbonamento di assistenza programmata, con cui spesso è anche possibile allungare la garanzia. Di solito è molto costoso (si va dai 500 ai 700 euro in 5 anni) anche se copre ogni tipo d’intervento, tra cui la manutenzione ordinaria.
Dove va la condensa
Una caldaia a condensazione scarica l’acqua (appunto “di condensa”) per semplice forza di gravità. Ma se altezza e pendenza dei tubi non sono sufficienti, allora è necessario ricorrere a una pompa apposita che convogli l’acqua verso gli scarichi. Tali dispositivi sono dotati di valvole per evitare la contaminazione batterica dovuta a un eventuale ristagno e ritorno dell’acqua di scarico.
SISTEMI ALTERNATIVI
Caldaie integrate con il solare
Esistono caldaie predisposte per l’utilizzo in associazione a pannelli solari termici. Un opportuno termoregolatore garantisce il doppio funzionamento del sistema: quando le condizioni meteo lo consentono, infatti, l’acqua calda sanitaria e il calore per il riscaldamento sono prodotti solo dall’impianto solare. Quando il tempo è brutto, automaticamente entra in funzione la caldaia. Si ha quindi il massimo del comfort, senza rinunciare al risparmio. Per questo tipo di impianto sono possibili ottime soluzioni con tutti i tipi di caldaia permessi dal mercato, comprese quelle a condensazione.
Obbligatorio
Secondo il Decreto 28/2011 sulle Energie Rinnovabili, nelle nuove costruzioni il 35% del fabbisogno energetico di un’abitazione deve essere ricavato da fonti rinnovabili.
A BIOMASSA
Non utilizzano combustibili fossili, ma la legna e soprattutto, un suo derivato, il pellet, oppure scarti agricoli come mais e nocciolino. Possono funzionare con una sola o essere predisposte per il funzionamento con vari tipi di biomasse. Il combustibile, una volta introdotto nell’apposito serbatoio integrato nella caldaia, passa automaticamente nella camera di combustione, producendo il calore necessario al riscaldamento. Possono essere collegate a qualsiasi impianto esistente, a radiatori o pannelli radianti. I fumi devono essere evacuati all’esterno dell’abitazione, tramite una canna fumaria a uso esclusivo. Hanno resa elevata, perché le dispersioni sono molto ridotte. Ottime anche per la scarsa produzione di emissioni inquinanti, per contro sono macchine spesso ingombranti, che si possono installare solo in appoggio sul pavimento, in un locale di servizio o in cantina.
Modelli ad acqua
A differenza di normali camini o stufe a legna, queste caldaie non riscaldano l’ambiente in cui sono inserite, ma solo l’acqua che circola nell’impianto.
Pompa di calore
È un “sistema” che permette di sfruttare l’energia presente nell’aria, nell’acqua o nel suolo, con conseguente risparmio, e riducendo le emissioni di CO2. È adatto per impianti a pannelli radianti oppure per quelli a radiatori, purché funzionino a bassa temperatura.
• Ne esistono varie tipologie: quelle aria-aria e quelle aria-acqua prelevano il calore dall’aria esterna immettendolo, nel primo
caso, nell’abitazione, direttamente o indirettamente, o utilizzandolo, nel secondo, per scaldare l’acqua.
• Quest’ultimo tipo di impiego riguarda anche le pompe acqua-acqua e terra-acqua, che prendono il calore da una sorgente d’acqua
o dal terreno, tramite una sonda geotermica.
I RADIATORI
Essenziali o dalle forme scultoree, hanno anche prestazioni elevate nell’impianto di riscaldamento autonomo. La loro installazione non comporta modifiche all’impianto già esistente.
Radiatori, caloriferi e termosifoni: tre nomi per indicare la medesima cosa; tra loro, infatti, non c’è nessuna differenza e possono essere usati come sinonimi.
• Indipendentemente dalla loro forma e dal materiale di cui sono fatti, tutti riscaldano gli ambienti in cui sono installati per convezione, ossia generando i cosiddetti “moti convettivi”: l’aria, resa calda dall’apparecchio e quindi più leggera, tende a salire cedendo calore all’ambiente. Una volta raffreddatasi, ridiscende sul calorifero, si riscalda di nuovo e così via, in un ciclo continuo.
• I modelli tradizionali per funzionare al meglio hanno bisogno d’acqua molto calda, a una temperatura di circa 75 °C, ma le nuove tecnologie tendono ad abbassare la soglia per risparmiare energia e consentirne un uso più efficiente con le caldaie a condensazione. Diverso è invece il funzionamento delle piastre radianti.
Come funzionano i radiatori
Ad acqua. Sono così quasi tutti i radiatori: l’acqua calda, generata da una caldaia o da un sistema alternativo, passa attraverso l’apparecchio, scaldandolo. A sua volta, l’elemento riscalda l’aria per convenzione che, a sua volta, scalda l’ambiente. Funzionano solo se l’impianto è attivo.
Modalità mista. Oltre al classico funzionamento ad acqua, hanno anche la possibilità di scaldarsi elettricamente, grazie a una resistenza. Sono indicati nelle mezze stagioni, quando l’impianto di riscaldamento è spento e nelle seconde case, che hanno bisogno di essere scaldate in fretta e per poco tempo.
Dentro il termosifone
• La valvola. Collocata nella parte alta del termosifone, è una vera e propria manopola, che regola l’afflusso di acqua calda all’elemento scaldante. Apre e chiude il circuito e regola il flusso del liquido, quindi del calore.
• Il detentore. È montato nella parte bassa del radiatore. In fase di messa a punto dell’impianto è usato per bilanciare e regolare il flusso del liquido.
• La valvola di sfiato. Si trova nella parte alta del calorifero, al lato opposto della valvola. Si tratta di un piccolo rubinetto e può essere azionato manualmente per operazioni di spurgo. In caso di radiatore parzialmente caldo, può essere utile aprirla per eliminare l’aria in eccesso, che non permette il libero scorrimento del liquido.
Quale materiale per i radiatori?
Domanda importante, ma non c’è una risposta corretta in ogni caso: ogni materiale ha pregi e difetti, la scelta va quindi valutata in base al tipo di abitazione e di impianto (nuovo o da rinnovare) e ai propri stili di vita, per esempio a quanto tempo si trascorre in casa. Ecco i principali.
Alluminio
Il loro principale vantaggio è quello di riscaldarsi molto velocemente, anche se si raffreddano con altrettanta facilità, una volta spento l’impianto. Sono preferibili dove c’è bisogno di un rilascio quasi istantaneo di calore. Perfetti se abbinati a valvole termostatiche e a caldaie a condensazione.
Acciaio
Simili ai modelli in alluminio, come questi si adattano bene al lavoro della caldaia a condensazione. Rispetto ai precedenti,
si scaldano velocemente, ma si raffreddano più lentamente. In questo materiale sono spesso realizzate le piastre radianti.
Ghisa
Oggi non sono quasi più in commercio, sostituiti dai modelli a più alto rendimento, in alluminio e acciaio. Il loro maggior svantaggio è l’alta inerzia termica: impiegano, cioè, tanto tempo per scaldarsi e per il funzionamento hanno bisogno di acqua molto calda (70-75 °C). Rispetto alle precedenti tipologie, mantengono il calore più a lungo dopo lo spegnimento dell’impianto.
Risparmiare con i termosifoni
Se invece si opta per i radiatori, prediligere quelli in alluminio, perché offrono buoni risultati anche a temperature più basse e adottare alcune strategie:
Provvedere all’isolamento termico dell’abitazione, in particolare agendo su serramenti, tetto e pareti.
Far installare una caldaia con sonda esterna.
La temperatura di mandata (quella dell’acqua che esce dal bollitore) varierà a seconda di quest’ultima e non ci sarà bisogno di nessun controllo ulteriore. Evitare qualsiasi altra regolazione.
Se la caldaia non ha una sonda esterna, fissare la temperatura dell’acqua sui 45-60 °C (o anche meno, a seconda della temperatura esterna) e non impostare nessun ciclo di stop and go: la caldaia deve però restare accesa in maniera costante di giorno e di notte, mantenendosi sui 18-20 °C.
In questo modo si aumenterà del 3-4% il risparmio del gas su base annua. Inoltre, si eviteranno le caratteristiche macchie nere sopra i radiatori, derivanti dalla combustione di particelle di polvere.
A ogni grado di temperatura in meno, i consumi scendono di oltre il 5%. Non superare mai i 20 °C negli ambienti.
Dotare ciascun termosifone di una valvola termostatica, che escluderà l’elemento dal ciclo di riscaldamento non appena il locale che lo ospita ha raggiunto la temperatura desiderata.
Scaldasalviette
Sebbene esteticamente diversi dai normali termosifoni, non differiscono in quanto al funzionamento. Il nome da solo indica la loro principale utilità: quella di avere asciugamani sempre caldi. Per questo sono ideali per bagni e lavanderie. In commercio esistono anche modelli elettrici: dato il costo dell’energia, sono adatti soprattutto per un uso saltuario, come nelle seconde case e se non c’è il riscaldamento (a meno che non si disponga di un impianto fotovoltaico). Consigliabili invece quelli ad acqua e a funzionamento misto.
Piastre radianti
Materiale leggero e spessore ridotto (circa 5 cm) non sono gli unici elementi di diversità nei confronti dei normali radiatori. Tali piastre, infatti, riscaldano le pareti a cui sono appoggiate e non l’aria (solo indirettamente). Vengono generalmente collocate a parete e, se installate al posto di vecchi radiatori, è possibile sfruttare gli attacchi esistenti. Per funzionare al meglio non hanno bisogno di alte temperature: basta infatti acqua a 35-42 °C per avere la massima efficienza. Come vedremo in seguito, sono quindi perfette con le caldaie a condensazione, ma anche con impianti geotermici, solare termico e pompe di calore.
CONTENERE I CONSUMI
Se utilizzato al meglio, il connubio caldaia a condensazione e radiatori è energeticamente efficiente.
A bassa temperatura
La caldaia a condensazione, quando lavora a basse temperature, fa risparmiare soldi ed energia. Per poter usare il calore del vapore, infatti, deve lavorare con una temperatura dell’acqua dell’impianto piuttosto bassa, poiché il vapore condensa a circa 56 °C. Più è bassa la temperatura dell’acqua con cui funziona il circuito, più la caldaia riesce a condensare il vapore e a recuperarne il calore, risparmiando.
Il massimo dell’efficienza lo si raggiunge con acqua scaldata attorno ai 35 °C.
• Teoricamente, la soluzione più vantaggiosa potrebbe essere quella con i pannelli radianti collocati sotto il pavimento o all’interno dei muri e che, a differenza dei radiatori, funzionano a circa 30 °C in media.
• Tuttavia, l’installazione di pannelli radianti comporta in genere lavori per la rimozione e il rifacimento dei pavimenti esistenti in tutte le stanze.
• Un’ottima alternativa sono le piastre radianti a parete, generalmente in acciaio. Per il loro funzionamento basta che l’acqua venga portata a circa 35 °C. Rispetto alla precedente soluzione, inoltre, offrono la possibilità di regolare in modo più efficace accensione e spegnimento e di impostare temperature differenti tramite le valvole termostatiche.
Le valvole termostatiche
Sono installate direttamente sui caloriferi per regolare il flusso d’acqua, in base alla temperatura richiesta dall’ambiente. In questo modo si evitano sprechi e si migliora il comfort, stabilizzando la temperatura a livelli differenti nei diversi locali della casa, a seconda della necessità.
• Il funzionamento è molto semplice: con una manopola (la testa termostatica) si impostano i gradi desiderati. A seconda di tale valore, la valvola regolerà la quantità d’acqua calda, fino a raggiungere la temperatura scelta. A quel punto, il radiatore sarà escluso dal ciclo di riscaldamento, fino a quando la temperatura non ricomincerà a scendere.
• I vantaggi di questo sistema si avvertono di più in zone del Nord Italia e in quelle più fredde del Centro, dove il riscaldamento è acceso più a lungo e vi possono davvero essere differenze rilevanti di temperatura fra una stanza e l’altra della casa. In questi casi, si può arrivare a risparmiare ogni anno circa il 10-15% d’energia. Meno evidenti i benefici al Sud. Entro il 31/12/2016 saranno però obbligatorie in tutti gli impianti centralizzati.
Regolazione domotica
Le nuove tecnologie hanno reso ancora più smart la classica valvola termostatica, che diventa così uno strumento sofisticato per modulare il riscaldamento casalingo. Le nuove soluzioni domotiche consentono non solo di gestire la temperatura stanza per stanza, ma anche impostare gli orari giorno per giorno (il bagno caldo al mattino, per esempio). Allo stesso modo è possibile lasciare il riscaldamento spento mentre si è in vacanza, ma trovare la casa calda al rientro, controllando tutto a distanza con uno smartphone.
Collocazione ideale
Per evitare sprechi energetici è consigliabile collocare il radiatore nel punto di maggior dispersione del calore. Di solito sotto una
finestra o comunque lungo una parete perimetrale. Così, l’aria calda si distribuisce in maniera più uniforme e si raffredda meno di quanto farebbe se il termosifone fosse collocato su un muro divisorio. Mai coprirlo con tende pesanti e copricaloriferi o inserirlo in nicchie troppo piccole, perché il rendimento ne risentirebbe. Importanti le distanze:
il termosifone deve essere posto
• a 10-15 cm dal pavimento
• a 4-5 cm dalla parete
• ad almeno 10 cm dai mobili.
La sostituzione
Può capitare che i vecchi termosifoni di una casa debbano essere sostituiti, sia perché fuori uso, sia perché si desidera cambiarli con modelli meno obsoleti (per esempio, eliminare i caloriferi di ghisa per far posto ad elementi in acciaio o in alluminio).
• L’operazione, però, non può essere eseguita autonomamente, ma condotta da un professionista del settore, che dovrà garantire l’equilibrio termico dell’impianto nel suo complesso.
• Elementi in alluminio, per esempio, non possono sostituire quelli in ghisa con un preciso rapporto di uno a uno, poiché occorre tener conto delle diverse inerzie termiche (cioè il tipo di comportamento dei materiali al calore): più questa è alta, più grande dovrà essere la superficie radiante dell’elemento a inerzia più bassa che lo sostituirà.
• Per rendere l’intervento meno problematico, è meglio trovare caloriferi che abbiano attacchi uguali a quelli in sostituzione e medesimi interassi. In caso di cambiamento totale di posizione, bisogna mettere in conto consistenti interventi di muratura,
quali tracce e rifacimento dell’intonaco, oltre alla conseguente imbiancatura.
Sconti fiscali
Non solo minori consumi e bollette più leggere: chi sostituisce la vecchia caldaia o installa nuovi radiatori può recuperare gran parte della spesa. È stato prorogato al 31/12/2019 il termine per usufruire delle detrazioni fiscali del 50% e 65% sulle spese sostenute rispettivamente per le ristrutturazioni e le riqualificazioni energetiche degli immobili esistenti. Sono due le novità più interessanti:
1. Nel caso di interventi di riqualificazione energetica di parti comuni di un condominio, i soggetti che si trovano nella cosiddetta no tax area, ossia coloro che – per reddito o per professione – sono esentati dalla presentazione dei modelli 730 e Unico, possono cedere la detrazione fiscale ai fornitori che hanno effettuato i lavori, in cambio di uno sconto sulle spese.
2.Anche i dispositivi multimediali per il controllo da remoto di impianti di riscaldamento, climatizzazione e produzione di acqua calda sono ora compresi nelle spese detraibili per la riqualificazione energetica.
I bonus per il 2019
Per la riqualificazione energetica – che comprende tutti gli interventi che rendono più efficiente l’edificio dal punto di vista termico – spetta la detrazione più importante, quella del 65%. Ma bisogna fare attenzione, perché non tutti i lavori che riguardano caldaie e caloriferi meritano questa agevolazione. Occorre quindi analizzare non soltanto gli interventi con accuratezza, ma anche il contesto in cui si realizzano per capire se si può beneficiare della detrazione del 65% (efficientamento energetico) o del 50% (ristrutturazione edilizia). I due bonus, infatti, non sono cumulabili (per i medesimi interventi).
A chi spettano
A tutti, privati o imprese: basta che siano proprietari dell’immobile soggetto ai lavori, di qualsiasi categoria catastale sia, purché già esistente. Sono quindi compresi anche negozi e uffici. L’edificio deve essere già dotato di un impianto di riscaldamento (tranne nel caso d’installazione di pannelli solari termici).
Spesa massima
Per la detrazione del 50% il tetto è di 96.000 euro, mentre per quella del 65% dipende dalla tipologia di intervento. Si va dai 30.000 euro (per gli impianti termici) ai 60.000 (per gli impianti solari e la sostituzione di infissi), fino a 100.000 euro (per interventi più rilevanti sull’intero immobile). In entrambi i casi, la spesa viene recuperata in 10 rate annuali di uguale importo.
Detrazione del 65%
Per quanto riguarda esclusivamente caldaie, caloriferi e sistemi di riscaldamento, ecco le opere per cui spetta tale agevolazione, detta anche Ecobonus:
• Sostituzione di una vecchia caldaia con una a condensazione. In questo tipo di operazione possono essere inclusi i costi per l’installazione delle valvole termostatiche (obbligatoria per il riconoscimento della detrazione) e tutte le spese connesse in maniera diretta con l’intervento: impianti a pavimento, rifacimento linee o sostituzione di radiatori, fino a un massimale di spesa di 30.000 euro.
• Sostituzione di caldaie con pompe di calore ad alta efficienza (il generatore di calore esistente deve essere dismesso. Al limite, può essere tenuta per la sola produzione d’acqua calda sanitaria).
• Sostituzione della caldaia con sistemi ibridi (per esempio caldaia + pompa di calore).
• Sostituzione della caldaia con una a biomassa a elevata efficienza e con determinate caratteristiche prestazionali.
• Installazione di pannelli solari (termici) per produzione d’acqua calda e/o riscaldamento ambienti.
Sono detraibili tutte le spese concernenti i lavori, anche quelle di progetto e amministrative.
I documenti necessari
• Asseverazione rilasciata dal tecnico abilitato. Dimostra che l’intervento realizzato è conforme ai requisiti tecnici richiesti. Per le caldaie a condensazione con potenza inferiore a 100 kW è sufficiente la certificazione dei produttori dell’apparecchio.
• Attestato di certificazione (o qualificazione) energetica. Include i dati dell’efficienza energetica dell’edificio; è prodotta, in seguito ai lavori, da un tecnico abilitato.
• La scheda informativa dell’intervento. Può essere compilata anche dall’utente finale e deve riportare:
dati identificativi del soggetto che ha sostenuto le spese e dell’edificio in cui sono stati eseguiti i lavori;
tipo di intervento e conseguente risparmio energetico;
costo dell’opera, specificando quanto si è speso per gli interventi professionali e quanto si porta a detrazione.
Tutti questi documenti possono essere redatti dal medesimo professionista.
I documenti necessari
Per beneficiare dell’agevolazione sono indispensabili:
• fatture
• ricevute di pagamento mediante apposito bonifico (specifico per le ristrutturazioni edilizie).
• titolo autorizzativo comunale (quando necessario) o dichiarazione sostitutiva di atto notorio (nel caso di manutenzione ordinaria o di semplice sostituzione di caloriferi o caldaia).
• copia della comunicazione all’Asl, quando l’intervento è affidato a più ditte (solo nel caso di manutenzione straordinaria).
Inviare all’Enea
Entro 90 giorni dalla fine dei lavori si deve trasmettere all’Enea (ecobonus2019.enea.it) la copia dell’attestato di certificazione e la scheda informativa.
La data di fine lavori coincide con il cosiddetto “collaudo” dell’impianto e non con l’avvenuto pagamento. Se il primo non fosse necessario, la data di fine lavori deve essere provata con un’altra documentazione fornita dal tecnico
che compila l’attestato di certificazione o la scheda informativa. In alcuni casi particolari (descritti nel sito
Enea http://www.acs.enea.it) è consentito l’invio dei documenti tramite raccomandata con ricevuta semplice.
Da conservare
Oltre ai documenti necessari per la richiesta di detrazione fiscale:
• ricevuta di invio tramite internet
• fatture o ricevute fiscali comprovanti le spese effettivamente sostenute per gli interventi
• per i contribuenti non titolari di reddito d’impresa, la ricevuta del bonifico bancario o postale attraverso cui è stato effettuato il pagamento.
In collaborazione con Studio Norassi & Giannatelli: Tel. 02/4036645, norassi@norelli02.it