Il recupero di una piccola e quasi anonima architettura agricola può essere l’occasione per reinterpretare la tradizione in chiave assolutamente contemporanea, senza perdere fascino e magia o peggio cadere nella banale imitazione. È il caso del cosiddetto Rifugio del Gelso, progetto dello studio a25architetti di ristrutturazione di una semplice costruzione a servizio dei terreni circostanti ai piedi delle colline di Montevecchia, nell’alta Brianza.
L’albero che ne dà il nome, poco lontano dall’edificio, è uno dei pochi esemplari rimasti di una attività fiorente nel secolo scorso, quella dell’allevamento dei bachi da seta, che si cibavano appunto di foglie di gelso. Oggi che a queste piante si sono sostituiti mais e erba da sfalcio e da pascolo, il proprietario – ex operaio alla mitica Garelli – ha voluto onorare la storia del luogo trasformando la casetta nel suo buen retiro. Non più ricovero per attrezzi e fienile, ma una sorta di studiolo in cui pensare e leggere, oltre che confrontarsi con amici e passanti.
L’occasione ha spinto il giovane duo di fratelli titolari dello studio di progettazione Francesco e Paolo Manzoni (insigniti del premio Giovane Talento dell’Architettura italiana 2021 del CNAPPC – Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori proprio per questo Rifugio) a reinterpretare la tradizione, rileggendo lo stile e i materiali preesistenti per riportarli a nuova vita senza proporre uno stucchevole stile imitativo.
La struttura preesistente di cemento, ripulita e resa assolutamente contemporanea nella sua grezza espressività, ha così riacquistato nobiltà e al grigliato di mattoni del piano superiore, ammalorato e tamponato con materiali di risulta, è stato sostituito un nuovo paramento murario di elementi cementizi. Il gioco di ombre dato dalle sporgenze di questi nuovi mattoni riprende i pieni e i vuoti delle classiche griglie a croce dei fienili locali, anche se qui ora di aria da far girare per seccare il foraggio non ce n’è più bisogno. Il padrone di casa infatti sfrutta lo spazio al piano superiore solo per il ricovero di attrezzi e di poche eventuali balle di fieno già essiccato.
Tutto è lasciato alla semplicità del volume e dei materiali costruttivi. Anche la copertura a doppia falda è realizzata per reinterpretare la tradizione, riproponendo i classici coppi di cotto sostenuti da una struttura lignea ma corredati da canali e pluviali di lamiera grezza (invece che del più prezioso rame). Unico vezzo decorativo la verniciatura color ottone della porta metallica d’ingresso, a sottolineare il valore prezioso di questo piccolo gioiello architettonico. “E a indicare”, come ricordano i progettisti, “che dietro quella porta esiste un legame affettivo, una storia e tutte quelle storie che ancora abbiamo il dovere di ricordare, perché sono esse stesse la storia di ognuno di noi.”
Progetto: a25architetti
Foto: Marcello Mariana