Un sottotetto può essere considerato abitabile, quindi trasformarsi in mansarda, solo a patto che abbia delle dimensioni minime imprescindibili (oltre ovviamente a tutti gli altri parametri legati alla salubrità, come ad esempio il rapporto aero-illuminante). Misure stabilite dalla legge nazionale (decreto ministeriale 5 luglio 1975 e legge numero 457 del 1978) per qualsiasi tipo di ambiente residenziale privato, a cui però lo Stato concede alcune deroghe e sulle quali le regioni possono decidere in merito. La situazione legislativa locale italiana risulta così particolarmente eterogenea sull’argomento, con ampio divario tra zona e zona.
Legge nazionale sul recupero del sottotetto
Il punto di partenza della legge nazionale, oltre alla superficie minima di un ambiente per essere considerato a tutti gli effetti una stanza (9 metri quadrati), è l’altezza minima netta: 2,70 metri per tutti i locali, 2,40 metri per i vani accessori (disimpegni, corridoi, ingressi…). La prima deroga nazionale è quella per i sottotetti dei comuni montani al di sopra dei mille metri sul livello del mare, che, data la conformazione architettonica degli edifici, possono ridurre l’altezza minima dei vani fino a 2,55 metri. Tutte le superfici con altezze inferiori a queste vanno obbligatoriamente separate dal resto della casa, mediante setti di muratura o di cartongesso ed eventualmente armadiature fisse.
Legislazioni regionali sul recupero del sottotetto
Le legislazioni regionali in merito ai recuperi dei sottotetti, oltre ad avere la possibilità di andare in deroga all’altezza minima, hanno introdotto un ulteriore parametro di misura, ovvero l’altezza media ponderale. Si tratta della dimensione ottenuta dividendo per la superficie utile di un locale – nel caso di un sottotetto con copertura inclinata, quella con altezza minima – il relativo volume. Il rispetto di entrambe le misure permette di calcolare quanto spazio effettivamente abitabile si abbia a disposizione in un sottotetto da recuperare, magari per annetterlo alla propria abitazione.
Così ad esempio – pur con qualche possibile ulteriore eccezione per quanto riguarda gli ambienti accessori, anche montani, o i centri storici – in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Sardegna, Sicilia, Toscana l’altezza minima della copertura inclinata di un sottotetto deve essere di 1,5 metri. In Trentino Alto Adige sale a 2,4 metri, in Piemonte a 1,6 metri e in Emilia Romagna e Veneto a 1,8 metri, mentre in Abruzzo, Basilicata, Campania, Molise, Puglia scende a 1,4 metri. Picco negativo per l’Umbria, che ammette un’altezza minima di soli 1,2 metri, e nessun limite per Marche e Valle d’Aosta.
Medesima situazione eterogenea per l’altezza media ponderale, che si attesta per gran parte delle regioni italiane sui 2,4 metri, con scarti di circa 10-20 cm in meno in alcuni casi. Fino agli estremi dei 2 metri del Lazio e della Sicilia e dei 2,5 metri della Valle d’Aosta.
Date dunque tutte queste variabili dimensionali, conviene sempre rivolgersi a un tecnico professionista, che, a seguito di un rilievo geometrico del sottotetto, consideri la rispondenza delle altezze ai vincoli nazionali, regionali, oltre che dei singoli regolamenti edilizi comunali.