Il recupero del sottotetto a fini abitativi può realizzarsi anche in un condominio, ma prima di poter trasformare il sottotetto in un luogo di relax per sé e la propria famiglia occorre verificarne la proprietà. Non può essere quindi svolta alcuna opera di ristrutturazione del sottotetto, se prima non si accerta il proprietario o i proprietari. Il sottotetto in un condominio può essere una pertinenza dell’appartamento sottostante, quindi del condomino dell’ultimo piano, ovvero di proprietà dell’intero condominio. Viene in aiuto in questo caso una sentenza della Corte di Cassazione, la n. 17249 del 12 agosto 2011 con cui sono stati forniti elementi su cui basarsi per risolvere questioni inerenti la proprietà del sottotetto in un condominio e quindi la possibilità di recuperarlo. La prima cosa da fare è verificare i titoli di acquisto dell’appartamento o il regolamento condominiale. Se in essi si afferma che il sottotetto è condominiale, ai sensi dell’articolo 1117 del codice civile, sarà solo del condominio intero e non di uno singolo. Al contrario, in questi documenti può affermarsi che il sottotetto è di proprietà esclusiva di un singolo proprietario, non è condominiale e non potrà essere usato da altri.
E se nei documenti non c’è scritto di chi è il sottotetto?
Entrano in gioco altri elementi che possono essere usati per stabilire la proprietà del sottotetto. In base alle caratteristiche strutturali, se il sottotetto è destinato all’uso comune, perché ad esempio vi si trovano serbatoi per l’acqua, se funga da ripostiglio, locale lavanderia o stenditoio, allora è di proprietà dell’intero condominio. Il sottotetto di un edificio può considerarsi pertinenza dell’appartamento sito all’ultimo piano invece quando assolva alla esclusiva funzione di isolare e proteggere l’appartamento medesimo dal caldo, dal freddo e dall’umidità, tramite la creazione di una camera d’aria.
Così una volta accertata la proprietà del sottotetto, quando è di uno solo soggetto, questi può procedere a recuperarlo a fini abitativi rispettando la normativa regionale di riferimento. In questi casi è sempre necessario guardare al regolamento condominiale che da legittimità a qualsiasi scelta si intenda compiere. L’inquilino proprietario dell’ultimo piano e del sottotetto condominiale può ad esempio voler unire i due piani con una scala interna. Deve chiedere il consenso degli altri condomini? Se non si modifica la falda del tetto o l’aspetto esteriore dell’immobile, non c’è obbligo di comunicazione, ma basterà affiggere un semplice avviso nella bacheca condominiale. Occorre però modificare la tabella millesimale per quanto riguarda il rendiconto condominiale.
Può anche sussistere il caso in cui uno dei condomini voglia acquistare il sottotetto. In tal caso occorre stipulare un atto di cessione o di acquisto tra i condomini e il possibile acquirente mediante una delibera assembleare. In tal caso occorre il consenso di tutti i condomini e se la vendita non deve incidere sull’utilizzo delle altre parti comuni. Si ricorda infine che, ai sensi dell’articolo 1127 del codice civile, il proprietario dell’ultimo piano può elevare nuovi piani sempre che lo permettano le condizioni statiche dell’edificio e senza pregiudicarne l’aspetto architettonico ovvero senza diminuirne notevolmente l’aria o la luce dei piani sottostanti. Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condomini un’indennità pari al valore attuale dell’area da occuparsi con la nuova costruzione, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l’importo della quota a lui spettante.
Foto: Cristina Fiorentini